Don Chisciotte della Mancia (parte 1)

Don Chisciotte della Mancia (parte 1) Domande aperte

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    Quali trasformazioni si possono osservare nel personaggio di Sancio Panza?

    Inizialmente, Sancio Panza non conosce i codici della cavalleria errante e forse alcuni dei vocaboli usati da don Chisciotte, come la parola “insula”. Inoltre, la sua prospettiva realistica contrasta con quella del nobile. Sancio sa che i mulini a vento non sono giganti, che le greggi non sono eserciti nemici e che coloro che lo hanno nutrito non sono fantasmi. Tuttavia, con il passare del tempo, inizia a credere ad alcuni elementi fittizi del mondo immaginario del suo padrone. Per esempio, crede che Dorotea sia la principessa Micomicona e che don Chisciotte possa difenderla da un gigantesco nemico. Inoltre, quando il nobile sonnambulo taglia gli otri di vino dell’oste credendo di combattere il gigante, Sancio crede di aver visto la testa decapitata dell’essere favoloso e il suo sangue (il vino). Questo fa pensare a un inizio di “chisciottizzazione” del personaggio. Verso la fine Sancio acquisisce gran parte dell’eloquenza del suo maestro e la usa a suo vantaggio quando discute con il barbiere sul diritto di tenersi il bottino di una guerra giusta: “perché il signor mio, don Chisciotte, conquistò questo bottino in guerra combattuta”. Sebbene più di una volta abba paura e voglia addirittura abbandonare il suo padrone, maledicendo l’ora in cui ha lasciato il suo villaggio (Capitolo 18), alla fine Sancio sente che non c’è compito migliore al mondo che essere lo scudiero di un cavaliere errante e andate per le strade in cerca di avventure.

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    Confronta don Chisciotte con Anselmo, il personaggio della novella intercalata de L’indagatore malaccorto.

    Entrambi i personaggi sono idealisti. Don Chisciotte vuole far rivivere la cavalleria e cerca di imitare in tutte le sue azioni il comportamento dei personaggi dei suoi libri di fantasia. Questo gli impedisce di vedere la realtà di ciò che lo circonda e di adattarsi alle circostanze. Anselmo cerca un ideale di perfezione nella moglie e si ostina a realizzare un piano per mettere alla prova la sua onestà. Il suo desiderio gli impedisce di ascoltare i numerosi avvertimenti dell’amico per convincerlo a desistere. In entrambi i casi, le azioni di questi personaggi si scontrano con il comportamento sociale accettato, ma mentre nel caso di don Chisciotte le conseguenze sono comiche (il tono non cessa di essere comico, anche se il suo comportamento lo porta a litigare con altre persone), nel caso di Anselmo sono tragiche, poiché le sue azioni portano a un esito fatale per lui, l’amico e la moglie.

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    Discuti le somiglianze e le differenze nella ricezione dei libri di cavalleria nei seguenti personaggi: don Chisciotte, Juan Palomeque il Mancino, il prete e il canonico di Toledo.

    Don Chisciotte e Juan Palomeque il Mancino credono che le storie dei libri di cavalleria siano realmente accadute. Difendono questa posizione con lo stesso argomento, dicendo che sono stati pubblicati con la licenza dei re. Il locandiere, più di una volta, ascoltando queste storie (non legge perché è analfabeta), ha sentito il desiderio di combattere come i cavalieri, ma dice che non lo fa perché sa che la cavalleria appartiene al passato. Don Chisciotte porta avanti lo stesso desiderio e, di fatto, va per le strade in cerca di avventure, armato come un cavaliere medievale e imitando in tutte le sue azioni quelle dei personaggi dei suoi libri.

    Il prete e il canonico sanno che le storie raccontate nei libri di cavalleria non sono eventi reali. Il prete sostiene che il Consiglio Reale le autorizza perché sono di intrattenimento, non perché sono vere. Il prete ha deciso di bruciare tutti questi libri della biblioteca dell’hidalgo, perché ritiene che siano dannosi per il suo amico, e lascia intendere che farebbe lo stesso con i libri dell’oste. Allo stesso modo, il canonico dice che getterebbe nel fuoco i libri di cavalleria “essendo falsi e bugiardi” e perché danno “motivo al volgo ignorante di arrivare a credere e a ritenere per vere tutte le scempiaggini che contengono”. Inoltre, entrambi i personaggi paragonano questi libri agli eretici.

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    Discuti il concetto di amore cavalleresco presente nel romanzo.

    Don Chisciotte sa che uno dei requisiti essenziali per essere un cavaliere errante è amare una dama, affidarsi a lei in ogni avventura e dedicarle ogni sua impresa. Il rapporto tra il cavaliere e la dama nella letteratura cavalleresca era strettamente legato all’idea di vassallaggio feudale. La dama occupava il posto del signore e il cavaliere quello del vassallo. Così, quando don Chisciotte, seguendo questo codice, dice di Dulcinea “la servo” e “è regina e signora mia”. L’esaltazione e l’idealizzazione della dama è un’altra delle caratteristiche dell’amore cavalleresco. In molte occasioni don Chisciotte esalta la bellezza e le qualità di Dulcinea. Tuttavia, egli sa anche, come dimostra nel venticinquesimo capitolo, che questa idealizzazione corrisponde a una convenzione letteraria.

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    Perché Don Chisciotte può essere considerato un romanzo polifonico?

    Don Chisciotte mostra spesso i punti di vista contrastanti dei diversi personaggi, per esempio quelli del cavaliere e del suo scudiero. Questo risulta evidente quando don Chisciotte afferma di vedere i giganti mentre Sancio Panza sostiene che sono i mulini a vento (Capitolo 8) o quando il nobile sente i suoni degli strumenti militari invece dei belati uditi dal suo scudiero (Capitolo 18). Lo stesso accade con la natura dell’oggetto che don Chisciotte prende dal barbiere (la catinella o elmo di Mambrino), che dà origine a una lunga discussione tra i due.

    Inoltre, il romanzo mostra i diversi modi di parlare delle persone, ad esempio la confusione dell’hidalgo con la parola “truchuela”:pesce che in Castiglia è chiamato abadejo (merluzzo) in Andalusia baccalà, altrove curadillo (stoccafisso) e altrove ancora truchuela (salacchino)”. Il romanzo esplicita anche i diversi sensi che una parola assume a seconda di chi la usa. Per esempio, la parola “cantar”, che per l’hidalgo significherebbe qualcosa come “produrre una canzone”, viene usata da uno schiavo della galea per significare che qualcuno ha “confessato” un crimine (Capitolo 22).

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