Riassunto
Passa un po’ di tempo e un giorno, mentre Utterson si trova a casa sua vicino al camino, Poole gli fa visita. L’uomo appare estremamente turbato e Utterson gli offre un bicchiere di vino per calmarsi. Poole accetta, anche se lascia il bicchiere intatto. L’uomo rivela di essersi recato da lui per disperazione: è seriamente preoccupato per il benessere di Jekyll, dal momento che quest’ultimo è rinchiuso nel suo studio da giorni e non permette a nessuno di vederlo. Poole ammette che pensa che ci sia dietro un “delitto infame”, ma si rifiuta di aggiungere altro. Utterson sospetta da tempo il comportamento di Jekyll ed è molto preoccupato per il suo amico, per cui, dopo aver sentito Poole parlare delle sue preoccupazioni, accetta subito di aiutarlo. I due uomini si recano quindi presso l’abitazione di Jekyll.
All’interno della residenza, Utterson vede che tutti i domestici sono “stretti l’uno all’altro come pecore di un gregge”. È chiaro che Poole non sia il solo a essere preoccupato. Una domestica irrompe perfino in singhiozzi. La questione, quindi, è ben più seria di quanto Utterson potesse immaginare. Poole conduce Utterson verso il giardino sul retro e lo invita a non entrare nello studio di Jekyll, neppure se l’amico dovesse invitarlo al suo interno. Utterson è sconcertato dal grado di paura e terrore che regnano nella casa, e inizia a provare paura per ciò che troverà nello studio.
Utterson e Poole si avvicinano alla porta dello studio all’interno del laboratorio, e Poole, annuncia che Utterson chiede di vedere il Dr. Jekyll. Una voce che non sembra quella del dottore risponde che non può vedere nessuno. Poole ritorna da Utterson, che si era momentaneamente nascosto, e gli chiede se quella voce gli era parsa quella del dottore e Utterson commenta rispondendo che gli sembra “molto cambiata”. Utterson inizia ad avere paura quando Poole gli spiega che nei vent’anni in cui ha lavorato per Jekyll ha imparato a riconoscere la sua voce e che sa che quella non è del suo padrone. Secondo Poole, che racconta che otto giorni prima aveva sentito un urlo agonizzante di Jekyll provenire dallo studio, il dottore è stato assassinato e da allora il colpevole si è rinchiuso nella stanza, facendo finta di essere il padrone di casa.
Come sempre, Utterson cerca di razionalizzare questi avvenimenti, riflettendo sul fatto che, se qualcuno avesse ucciso Jekyll, non sarebbe rimasto nella residenza. Poole spiega che quell’individuo, o “chiunque sia”, non ha fatto altro che richiedere una specifica medicina. Anche Jekyll, prima della sua presunta scomparsa, stava cercando di procurarsi una certa sostanza, scrivendo i suoi ordini su biglietti che poi lanciava fuori dalla porta dello studio. Obbedendo agli ordini del suo padrone, Poole l'aveva cercata ovunque, ma qualunque cosa gli portasse veniva giudicata da Jekyll come inutile o non pura. Utterson chiede a Poole di mostrargli uno di quei foglietti e il maggiordomo ne tira fuori uno dalla tasca. Il tono del biglietto, in cui si richiede una certa sostanza, è inizialmente piuttosto professionale, pur esprimendo un senso di urgenza, per poi farsi all’improvviso disperato: “Per l’amor di Dio, trovatemene ancora un po’!”
Utterson concorda nel dire che ci sia qualcosa che non quadra. Poole rivela all’avvocato di aver visto la persona che si nasconde nella stanza di Jekyll, raccontando di averla vista un giorno intenta a frugare nelle casse del laboratorio. Poole spiega che “quella cosa”, che indossava quella che pareva una maschera, aveva emesso un grido quando lo aveva notato, per poi fiondarsi su per le scale. Utterson teorizza che magari Jekyll sia stato “colpito da una di quelle malattie che non solo torturano chi ne è affetto, ma lo deformano” e forse può ancora guarire. Poole è invece convinto che ci sia di mezzo un delitto e che Jekyll sia stato ucciso.
Utterson capisce che non ha altra scelta se non risolvere l’enigma una volta per tutte. Lui e Poole si procurano quindi un’ascia nella sala anatomica per buttare giù la porta dello studio. Prima di farlo, però, concordano sul fatto che l’individuo che si trova nella stanza e che ha ucciso Jekyll sia Hyde. I due uomini chiedono a Bradshaw, uno dei camerieri di Jekyll, di appostarsi vicino alla porta del laboratorio. Dopo aver dato al cameriere dieci minuti per raggiungere la postazione, i due uomini concordano che, allo scadere di quel lasso di tempo, butteranno giù la porta.
Mentre aspettano, Utterson e Poole ascoltano gli strani passi che si sentono provenire dallo studio. Quando i dieci minuti sono passati, Utterson grida, rivolgendosi a Jekyll, di volerlo vedere. Una voce risponde, implorandolo di avere pietà. Utterson capisce che si tratta della voce di Hyde e ordina a Poole di buttare giù la porta. Poole fa saltare la serratura e i due uomini riescono a entrare nella stanza. Tutto appare in ordine, fatta eccezione per un cadavere contorto, a faccia in giù sul pavimento, con una mano stretta attorno a una fiala ormai in frantumi. Il corpo indossa i vestiti di Jekyll, troppo grandi per lui. Utterson crede che Hyde abbia preferito suicidarsi piuttosto che affrontare le conseguenze delle sue azioni malvagie. Lui e Poole iniziano quindi a cercare il corpo di Jekyll, ma senza successo.
Nella sala anatomica rinvengono poi la chiave che Hyde utilizzava per aprire la porta misteriosa, rotta e arrugginita. Tornati nello studio, Poole indica la grande quantità di “sale bianco” che Jekyll aveva ordinato di procurargli. Utterson prende uno dei libri di Jekyll e si sorprende nel trovarvi una serie di bestemmie scritte dall’amico. Nel guardare uno specchio presente nella stanza, gli uomini concordano sul fatto che l’oggetto deve aver assistito a molte cose strane. Sul tavolo, Utterson trova poi un plico che riporta il suo nome. Quando lo apre, trova al suo interno diversi allegati: il primo è il testamento di Jekyll, in cui si dispone che tutti i beni di Jekyll sarebbero passati a lui, Utterson; il secondo documento che Utterson esamina è invece un messaggio che è stato scritto quel giorno stesso. Utterson ne riconosce la calligrafia come quella dell’amico e si chiede perciò se il dottore sia ancora vivo. Nel breve messaggio Jekyll dice a Utterson che, quando leggerà quelle parole, lui sarà scomparso: teme infatti che la sua morte sia imminente. Jekyll chiede inoltre a Utterson di leggere per prima cosa il resoconto di Lanyon e poi, se avrà ancora domande, di leggere il contenuto dell’altro allegato, una voluminosa busta sigillata che contiene la sua confessione.
Utterson chiede a Poole di non parlare a nessuno di quel biglietto, visto che i documenti lasciati dal dottore potrebbero ancora salvargli la reputazione. Sono le dieci di sera, e Utterson decide di tornare a casa per leggerli, promettendo di fare ritorno prima di mezzanotte e di chiamare poi la polizia.
Analisi
L’ottavo capitolo è quello più movimentato del romanzo, ricco di sequenze narrative riguardanti vari avvenimenti, differenziandosi così dai precedenti che, al contrario, tendono a riguardare i dettagli di un unico fatto.
Finalmente Utterson ha motivo di affrontare il suo amico e ricerca attivamente la risposta ai misteriosi incidenti che hanno flagellato quell’anno. Poole arriva al limite della sua pazienza e si decide a rivolgersi a Utterson chiedendogli aiuto. Utterson esige di vedere Jekyll, pur sapendo che la persona nascosta nello studio non è l’amico ma probabilmente Hyde. Hyde si suicida, e Utterson e Poole cercano, senza trovarlo, il corpo di Jekyll. Utterson si ritrova con delle misteriose lettere, tra cui un nuovo testamento e la personale confessione di Jekyll, grazie alla quale potrà conoscere i dettagli della scomparsa di Jekyll e della sua relazione con Hyde. Il lettore non è ancora a conoscenza degli esperimenti di Jekyll e delle sue due identità, ma presto ne sarà al corrente.
È importante notare che all’inizio del capitolo Utterson rimane fedele alla sua razionalità e logica, siccome cerca di trovare una spiegazione a qualunque strano dettaglio gli fornisca Poole. Per quanto inizialmente preoccupato e disponibile a recarsi a casa dell’amico con Poole per risolvere la questione, Utterson non sembra convinto della gravità della situazione finché non sente la voce di Hyde provenire dallo studio di Jekyll. È solo a questo punto che Utterson si convince che sia stato commesso un crimine e chiede a Poole di aiutarlo a buttare giù la porta dello studio.
Sia Poole che Utterson credono che l’uomo nella stanza di Jekyll sia Edward Hyde. Anche dopo aver fatto irruzione e aver trovato il cadavere dell’uomo, con indosso vestiti decisamente troppo grandi per lui, sono convinti che l’uomo abbia ucciso Jekyll e che il cadavere di questo debba trovarsi nei paraggi. Utterson è ancora confuso dalla situazione: non capisce dove possa essere sparito il dottore e perché Hyde, un uomo tanto malvagio, abbia deciso di togliersi la vita. I due uomini scoprono inoltre che la chiave di Hyde per aprire la porta misteriosa, oltre a essere molto arrugginita, è stata rotta di proposito: ciò significa che l’uomo non aveva modo di uscire dallo studio se non attraverso la casa del dottore, dove però i domestici lo avrebbero visto e consegnato alle autorità per l’omicidio di Sir Danvers Carew.
A questo punto, il lettore non sa ancora che Jekyll e Hyde sono la stessa persona e che con il suicidio di Hyde è morto anche Jekyll: questi dettagli emergeranno in seguito, tramite le lettere lasciate Lanyon e Jekyll. Tuttavia, quando Utterson e Poole ispezionano lo studio, alla ricerca di indizi sulla sua sparizione, rinvengono alcune prove della dualità del dottore. Per esempio, Utterson, con grande stupore, vede che un libro che stava molto a cuore a Jekyll reca “scritte di suo pugno [...] le più ingiuriose bestemmie”. Utterson è nuovamente confuso quando trova una versione modificata del testamento dell’amico dove non compare il nome di Hyde ma il suo: l’avvocato trova infatti strano che Hyde abbia lasciato intatto un testamento simile. Utterson trova infine un biglietto recante la data di quel giorno e riconosce la calligrafia dell’amico. L’avvocato pensa quindi che Jekyll debba essere stato lì, in quella stanza, quello stesso giorno, ma che è ora scomparso. Nel suo messaggio, Jekyll scrive infatti a Utterson: “quando avrai tra le mani questo biglietto, io sarà scomparso”.
L’ultimo atto dell’avvocato è di proteggere Jekyll. Utterson decide di tornare a casa a leggere le lettere che l’amico gli ha lasciato, nella speranza di salvaguardare la sua reputazione, e promette di fare ritorno prima di mezzanotte e di chiamare la polizia. Ancora una volta, Stevenson mette in evidenza l’importanza della reputazione nell’Inghilterra vittoriana, anche dopo aver assistito a una morte e a eventi estremamente bizzarri. Utterson desidera ritardare il coinvolgimento delle autorità in un tentativo di salvare le apparenze.
Gli ultimi capitoli del libro sono costituiti solamente dal testo di due documenti: il resoconto di Lanyon e la confessione di Jekyll. Il lettore non vedrà altro di Utterson e gli rimane da chiedersi come sia sceso a patti con i singolari esperimenti dell’amico e con la sua doppia esistenza.