Uno, nessuno e centomila

Uno, nessuno e centomila L'analisi delle citazioni

"Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda."

Narratore

Il romanzo sin dalle prime righe immette il lettore nell’episodio principale della vita di Vitangelo che, dopo il breve confronto con la moglie, a seguito del quale la donna gli farà notare come il suo naso penda leggermente verso destra, così descrive la sensazione provata. È per il narratore una scoperta del tutto inaspettata, tanto da paragonarsi all’innocenza e all’ingenuità dell’animale, incapace di comprendere l’ingiustificata violenza subita.

Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini, che fa lo stesso.

Narratore

Presentandosi al lettore, Vitangelo dimostra una capacità critica rilevante e, per quanto il suo personaggio possa essere associato ai tanti inetti che nei primi anni del Novecento hanno affollato svariate opere narrative, pirandelliane e non, egli tiene a raffigurare la propria particolare condizione come bizzarro punto di vista dal quale poter scrutare i contrari. Tale sua capacità di restar immobile dinanzi il fluire caotico del vivere, potendo similmente contare sulla possibilità di cogliere l’opposto, darà luce alle sue lunghe riflessioni circa le anomalie che interessano le forme di ognuno di noi, compresa quella che caratterizza la propria identità (da egli denominato in quanto male).

Ora, ritornando alla scoperta di quei lievi difetti, sprofondai tutto, subito, nella riflessione che dunque - possibile? - non conoscevo bene neppure il mio stesso corpo, le cose mie che più intimamente m’appartenevano: il naso, le orecchie, le mani, le gambe. E tornavo a guardarmele per rifarne l’esame. Cominciò da questo il mio male”.

Narratore

Dopo aver provato rabbia nei confronti della moglie, che così crudelmente palesava dinanzi ai suoi occhi particolarità fisiche da lui mai riconosciute, Vitangelo sprofonda in una crisi esistenziale, ormai certo di non poter conoscere nessuno, nemmeno se stesso. Il riflesso del suo corpo di fronte allo specchio non fa che ridargli una parodia di sé, fittizia e mendace, poiché il vero lui è l’estraneo con cui gli altri si relazionano e che egli non conoscerà mai, salvo scoprire presto come anche l’immagine che le persone hanno creato di lui stesso, non è altro che una proiezione personale nella quale ognuno riporta elementi esterni (quali informazioni o ricordi che hanno in comune con lui), senza poter dunque mai giungere alla vera essenza della sua identità, inaccessibile all’uomo moderno.

Ma il guajo è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d'intenderci, non ci siamo intesi affatto”.

Narratore

L’incomunicabilità che pervade l’intera sfera umana si manifesta - e giustifica - dalla vacuità che caratterizza le stesse parole. Moscarda rivolgendosi al lettore chiarifica il suo punto di vista quale relativo e mutevole, sottolineando come le identità siano multiple e inclassificabili al pari delle diverse sfaccettature che si annidano nei termini utilizzati quotidianamente dall’uomo. La comunicazione è allora un altro dilemma che attanaglia gli individui, inetti nel far comprendere all’altro il significato dei contenuti che hanno utilizzato per ricoprire le loro parole. Il destinatario sarà sempre impotente e disarmato poiché scevro del bagaglio culturale e personale - parziale e variabile - che l’interlocutore ha adoperato.

Eh! Signori, sì, un brutto tiro (scusatemi tutti questi ammiccamenti; mo ho bisogno di ammiccare, d’ammiccare così, perché, non potendo sapere come v’appaio in questo momento, tiro anche, con questi ammiccamenti, a indovinare) [...]”.

Narratore

Attraverso questa breve parentesi è possibile comprendere la volontà di Vitangelo di scrutare l’esterno, pur essendo posto all’interno della vicenda, con una volontà di invasione nella vita del lettore il quale, mediante un inaspettato ribaltamento delle convenzioni narrative, diviene soggetto stesso dell’analisi del narratore.

Nessun nome. Nessun ricordo oggi del nome di ieri, del nome d’oggi, domani.

Narratore

Vitangelo ha finalmente raggiunto il suo obiettivo: ora può proseguire la sua vita libero da ogni forma, avendo distrutto tutte le maschere che lo cingevano. Il nome è la morte dell’individuo e lui ci ha rinunciato consapevolmente, desiderando il ritrovo armonico con il flusso vitale della natura. Rinnega il suo passato, rifiuta il suo presente e ignora il suo futuro: tutto in lui è ormai mera essenza vitale, libera da qualsiasi costrizione, personale, sociale storica.

Compra questa guida allo studio Cita questa pagina