Il vecchio e il mare

Il vecchio e il mare Riassunto e analisi di - Pagine 35-46

Riassunto

Un uccellino si posa sulla barca e Santiago gli parla. Gli chiede quanti anni ha e teme che possa incontrare dei falchi pericolosi. Mentre Santiago sta parlando all’uccello, il marlin dà uno strappo in avanti che fa cadere il vecchio, che si procura un taglio alla mano. Santiago immerge la mano nell’acqua per lavarla e nota che il marlin ha rallentato.

Decide di mangiare il tonno che ha pescato, in modo da avere le energie per affrontare il calvario che lo attende. Tuttavia, mentre sta tagliando il pesce, gli viene un crampo alla mano sinistra. “Che razza di mano è questa” dice Santiago. “Fatti pure venire i crampi. Trasformati in un artiglio. Non ti servirà a niente”. Il vecchio mangia il tonno, nella speranza che lo rimetta in forze e lo aiuti a rilassare la mano.

Santiago riflette sulla propria condizione di solitudine. È circondato da una distesa apparentemente infinita di acqua scura e profonda. Tuttavia, osservando le nuvole, vede “uno stormo di anatre selvatiche stagliarsi contro il cielo sopra l’acqua, poi sfocarsi e poi stagliarsi di nuovo e capì che nessuno era mai solo sul mare”. Ben presto, però, Santiago si concentra sulla mano sinistra e pensa a quanto sia umiliante un crampo, un tradimento del proprio corpo.

Proprio in quel momento, il marlin esce rapidamente dall’acqua per poi immergersi di nuovo. Santiago è sbalordito dalle sue dimensioni: è più lungo della barca di mezzo metro. Si rende conto che il marlin potrebbe distruggere la barca se lo volesse, e pensa: “Ma, grazie a Dio, loro non sono intelligenti come noi che li uccidiamo; anche se sono più nobili e più abili”. Santiago recita le preghiere per placare il suo cuore inquieto e riprende la caccia.

Non sapendo quanto ci vorrà ancora per sopraffare il marlin, Santiago getta un’altra lenza per procurarsi del pesce da mangiare. Il crampo alla mano sinistra comincia a sciogliersi e, nella sua totale stanchezza, Santiago pensa a Joe DiMaggio e al suo sperone osseo al calcagno. Mettendo a confronto lo sperone osseo al calcagno e gli speroni dei galli da combattimento, Santiago giunge alla conclusione che “l’uomo non vale molto in confronto ai grandi uccelli e animali”.

Mentre il sole tramonta, Santiago ripensa ai suoi trionfi passati per darsi più fiducia. Si ricorda di un incredibile incontro di braccio di ferro, in una taverna di Casablanca. Era durato un giorno e una notte, ma Santiago El Campeón (Il Campione), come era conosciuto all’epoca, alla fine vinse. “Aveva deciso che poteva battere chiunque se lo voleva davvero e aveva deciso che gli faceva male alla mano destra con cui pescava”. Tentò qualche incontro con la mano sinistra, ma ai tempi era una traditrice, proprio come lo era in quel frangente. Poi Santiago cattura una lampuga da mangiare. Riesce a prenderla appena prima che cali il buio, perché l’animale inizia a saltare fuori dall’acqua in preda alla paura. Il vecchio getta in acqua un’altra lenza nel caso in cui, andando avanti, abbia bisogno di più sostentamento.

Analisi

I crampi alla mano sinistra di Santiago creano tensione, in primo luogo debilitando sempre di più il protagonista e rendendo più probabile il fallimento e più dolce il suo trionfo. In secondo luogo, se accettiamo una lettura autobiografica del romanzo, i crampi possono simboleggiare il blocco dello scrittore. Questo aspetto si discosta in modo significativo dai precedenti tentativi di Hemingway di incolpare i lettori per la sua recente mancanza di successo. Ora, d’un tratto, la colpa è sua. Ma non completamente. La mano reagisce a dispetto delle intenzioni del suo possessore e Santiago si rivolge alla propria mano come se questa agisse indipendentemente da lui. Questo rende certamente più complicata la questione di chi sia responsabile dei fallimenti di Hemingway.

Inoltre, la reazione di Santiago ai crampi ci offre l’opportunità di indagare sulla concezione di Hemingway di virilità. Come Hemingway scrive: “Avere diarrea o vomito per un’intossicazione alimentare è umiliante di fronte agli altri. Ma un crampo, pensò il vecchio chiamandolo ‘calambre’, ti umilia soprattutto quando sei solo”. Il senso di umiliazione di un uomo non dipende esclusivamente dalla presenza (o presenza immaginata) di altri che lo guarderebbero con disgusto e disprezzo. Si basa, invece, su uno standard interiore di dignità, che privilegia soprattutto il controllo su sé stessi. Non è solo sconveniente o frustrante che la mano di Santiago abbia i crampi, ma, come afferma Santiago: “È indegno di lei avere un crampo”. Questa attenzione per il valore è molto importante all’interno del romanzo.

Le preoccupazioni di Santiago circa il proprio valore giungono al culmine quando finalmente vede il pesce che sta cacciando. Quando il vecchio intravede l’enorme marlin, immagina di trovarsi in una specie di faida aristocratica, in cui ogni partecipante deve dimostrare agli altri il proprio coraggio prima del combattimento. Non tanto per intimidire l’avversario, quanto piuttosto per dimostrare il proprio status e far vedere all’altro di essere un degno antagonista. “Chissà perché ha saltato, pensò il vecchio. Sembrava quasi che volesse mostrarmi quanto è grosso. Comunque ora lo so, pensò. Vorrei potergli mostrare che uomo sono. Ma poi vedrebbe la mano rattrappita”. Questa necessità di essere visto come degno agli occhi di un suo superiore o di un suo pari complica lo standard interiore di virilità che Hemingway sembra chiarire altrove.

Dal momento in cui Santiago vede il pesce fino alla fine del libro, il vecchio sembra ossessionato dall’idea di dimostrare di essere un degno assassino di un animale tanto nobile. Il più delle volte questa ossessione si traduce in auto-attribuzioni di inferiorità. Santiago ringrazio Dio che i marlin “non sono intelligenti come noi che li uccidiamo; anche se sono più nobili e più abili”. E di sé stesso pensa: “Vorrei essere il pesce […] con tutto quello che ha da contrapporre a me, che ho solo volontà e intelligenza”. Questa separazione tra intelligenza da un lato e nobiltà e abilità dall’altro è molto interessante, in quanto equivale a un’esaltazione di ciò che è naturale e animalesco su ciò che è umano, se consideriamo l’intelligenza come tratto distintivo del genere umano. Tutto ciò alza la posta in gioco della lotta tra il marlin e Santiago, rendendo quasi necessaria la lunga battaglia che ne consegue, perché la vittoria finale di Santiago può considerarsi meritata solo se il vecchio ha dimostrato il proprio valore e la propria nobiltà attraverso la sofferenza. Alla fine, tuttavia, è ancora possibile domandarsi, secondo i termini propri del romanzo, se la vittoria di Santiago sul pesce equivalga a un trionfo per l’umanità oppure a un errore giudiziario, in cui un ignobile bruto umano sconfigge il modello di nobiltà del mare.

Il bisogno di Santiago di dimostrare il proprio valore è unico per ogni istanza: “Le mille volte che lo aveva dimostrato non significavano niente. Adesso lo stava dimostrando ancora. Ogni volta era una nuova volta e quando lo faceva non pensava mai al passato”. Questo passaggio può essere letto come un’affermazione generale sulla nobiltà, in base alla quale la nobiltà non è propriamente una qualità del carattere, bensì delle azioni. Data la sopraccitata enfasi del romanzo sul carattere generale allegorico, sembra lecito accettare quest'ultima lettura. Come nel caso della necessità di veder riconosciuto il proprio valore dagli altri, anche questo distacco della nobiltà dalla persona alle sue azioni complica lo standard interiore di virilità elaborato da Hemingway.

Nel flusso di queste considerazioni, Santiago richiama alla mente la figura di Joe DiMaggio, identificato all’inizio del romanzo come modello eroico. “Ma devo avere fiducia” pensò Santiago, “e devo essere degno del grande DiMaggio che fa tutto alla perfezione anche con il dolore dello sperone osseo al calcagno”. Tuttavia è strano che, subito dopo aver valorizzato DiMaggio, Santiago sminuisca la grandezza del giocatore di baseball pensando che il dolore di uno sperone osseo non possa essere così terribile come quello dello sperone di un gallo da combattimento piantato nel calcagno. Conclude addirittura dicendo che “l’uomo non vale molto in confronto ai grandi uccelli e animali. Anche ora preferirei essere quell’animale laggiù nel buio del mare”. Ancora una volta, la natura – e in particolare il marlin – occupa una posizione privilegiata, collocandosi addirittura al di sopra dei più grandi modelli della grandezza umana.

Il tema della vista e l’utilizzo dell’immaginario visivo compaiono molte volte in questa sezione. Nel domandarsi come appaia il mondo nell’oscurità delle profondità oceaniche, Santiago sottolinea: “Una volta ci vedevo piuttosto bene al buio. Non nel buio completo. Ma quasi come ci vede un gatto”. Inoltre, quando Santiago vede un aeroplano volare sopra la propria testa, pensa a come devono apparire i pesci da un’altezza del genere, in particolare a come cambiano i loro ricchi colori. Questa enfasi sulla vista e sul campo visivo sembra essere non solo un tentativo da parte di Hemingway di trasmettere un’esperienza realistica, ma anche un invito a seguire l’antica associazione tra il senso della vista e la percezione di una realtà più profonda. La prodigiosa capacità visiva di Santiago dice al lettore di dare credito alla saggezza che egli svela attraverso la propria avventura.

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