Riassunto
Una volta ripresosi dalle botte ricevute a casa del prete, Lázaro prosegue il suo cammino da solo e raggiunge la città di Toledo, dove inizia a mendicare. Finché ha i segni delle botte ricevute, ottiene abbastanza elemosine, ma non appena guarito le persone iniziano ad accusarlo di essere pigro.
Un giorno, mentre chiede l’elemosina, incontra uno scudiero ben vestito per strada: l’uomo gli chiede se stia cercando un padrone e gli propone di diventare suo servo. Lázaro pensa che sia un colpo di fortuna perché l’uomo ha un aspetto rispettabile che promette condizioni migliori delle precedenti.
Quel giorno passeggiano per la città dalle otto della mattina fino a mezzogiorno: passano per un mercato, ma non comprano niente e Lázaro crede sia un buon segnale, pensa che significhi che la casa dell’uomo sia già provvista di tutto il necessario. Assistono alla messa e poi vanno a casa dello scudiero.
Una volta entrati, lo scudiero si toglie il mantello con grande attenzione, assicurandosi di non sporcarlo, e chiede a Lázaro di raccontare la sua storia. Il ragazzo decide di condividere solo ciò che gli fa fare bella figura. Tuttavia, dato che il suo nuovo padrone non sembra preoccuparsi di voler mangiare e pare non ci siano altre persone in casa, Lázaro inizia ad agitarsi e a pensare che ci sia qualcosa che non va. Inoltre, il luogo fa pensare a Lázaro che sia una casa incantata perché non c’è neanche un mobile.
Successivamente, lo scudiero chiede a Lázaro se ha già mangiato e Lázaro dice di no. Il padrone finge di non aver fame, dicendo di aver già mangiato al mattino. Il protagonista è stupito dalla sfortuna che lo perseguita e pensa che questo padrone possa rivelarsi peggiore del prete. Poi parlano del cibo e lo scudiero sostiene che gli uomini perbene mangino poco.
Vedendo che non otterrà cibo dal suo padrone, Lázaro prende tre pezzi di pane che ha ricevuto come elemosina. Lo scudiero si avvicina per guardarli meglio, prende il più grande e osserva il suo aspetto buono. Entrambi mangiano il primo pezzo e Lázaro si sbriga per evitare che lo scudiero prenda il terzo e ultimo boccone di pane. Tuttavia, invece di togliergli quell’ultimo pezzo, lo scudiero entra in una stanza buia e porta una brocca d’acqua, che offre a Lázaro.
Poi l’uomo chiede al narratore di aiutarlo nella sua stanza: lì trova un letto malconcio, un materasso molto stretto e abiti per la notte poco curati. Successivamente, lo scudiero si inventa una scusa per saltare la cena. Entrambi vanno a dormire e il padrone di casa usa le calze e il sottocotta come cuscino e dice a Lázaro di sdraiarsi ai suoi piedi. Il ragazzo passa una pessima notte per la scomodità del letto e la fame e maledice la sua sorte.
La mattina dopo il padrone si veste lentamente e mostra a Lázaro la sua spada, con orgoglio. Il padrone ordina al giovane di fare il letto e di riempire la brocca con l’acqua del fiume. Gli chiede poi di lasciare la chiave nascosta fuori per poter entrare al suo ritorno. Lázaro lo vede andarsene e riflette sull’eleganza e l’orgoglio che caratterizzano la sua andatura. Si chiede quanti altri ben vestiti e dal buon portamento soffrano in realtà come lui, dietro le apparenze.
Mentre va al fiume, Lázaro vede il suo padrone intento a sedurre due donne: quando loro propongono allo scudiero di invitarle a mangiare, lui inventa delle scuse e loro perdono subito interesse. Lázaro torna a casa e cerca di mettere a posto, di pulire un po’, ma non trova neanche una scopa. Spera che il suo padrone torni con qualcosa da mangiare, ma, vedendo che si fa tardi, esce a chiedere l’elemosina per rimediare alla fame. Si vanta di essere un buon mendicante perché ha imparato bene dal suo primo padrone. Presto racimola un po’ di pane e carne di scarsa qualità.
Tornato, mostra al suo padrone le elemosine e lo scudiero mente dicendo che lo stava aspettando, ma dato che si era fatto tardi ha deciso di mangiare da solo. Si congratula con Lázaro per aver chiesto l’elemosina invece di rubare il cibo, ma gli chiede di fare in modo che nessuno si accorga che mendica mentre vive a casa sua. A quanto dice, la casa è in parte colpevole delle sue disgrazie dato che da quando si è trasferito lì, non ha mai smesso di essere sfortunato. Assicura a Lázaro che entro la fine del mese, se ne andrà. Lo scudiero lo guarda mangiare e Lázaro si impietosisce: vorrebbe condividere il cibo con lui, ma non vuole umiliarlo. Alla fine, anche lo scudiero assaggia il cibo ed entrambi ne godono.
Da quel giorno, Lázaro si dedica alla cura della casa e a chiedere l’elemosina mentre lo scudiero passeggia per la città, senza far nulla oltre ad assistere alla messa. Una volta Lázaro approfitta dell’assenza dello scudiero per controllare se nella sua camera nasconda qualche moneta: quando capisce che non ne ha nemmeno una di scarso valore, lo compara ai suoi padroni precedenti e dice che mentre loro meritavano il suo odio, lui merita la sua compassione. In ogni caso, vorrebbe che il suo padrone mettesse da parte l’orgoglio dato che è sempre più bisognoso di aiuto.
Una nuova disgrazia colpisce Lázaro quando dall’Ayuntamiento di Toledo decidono di esiliare tutti i mendicanti stranieri e annunciano che chiunque non lo faccia, verrà punito. Quindi padrone e servo trascorrono diversi giorni senza mangiare. Lázaro ha la fortuna di non provare vergogna quando le vicine gli offrono gli avanzi, mentre il suo padrone passa otto giorni senza mangiare nemmeno un boccone.
Un giorno lo scudiero porta a casa una moneta e dice a Lázaro di andare in piazza a comprare pane, vino e carne. Durante il tragitto incontra un corteo funebre: la sposa dell’uomo defunto piange e lamenta che stiano portando il suo uomo “alla casa dove non si mangia e non si beve”. Lázaro fraintende la frase ed è convinto che stiano andando a casa del suo padrone. Torna di corsa e prova a chiudere i battenti. Vedendo il suo padrone sorpreso, Lázaro racconta ciò che ha sentito dire per strada e lo scudiero ride di gusto quando capisce l’equivoco. Alla fine, entrambi si godono un banchetto, ma Lázaro è ancora arrabbiato per l’incidente con la vedova.
Dopo vari giorni in cui possono mangiare meglio, Lázaro approfitta del buon umore del suo padrone per fargli alcune domande sulla sua vita. Da quando lo ha conosciuto, il narratore ha sempre sospettato che fosse straniero. Lo scudiero racconta la sua vita, parla delle sue ricchezze e del disonore che ha vissuto. In primo luogo, si scopre che lo scudiero viene da Castiglia la Vecchia e che ha dovuto abbandonare la sua terra quando si è rifiutato di togliersi il cappello davanti a un cavaliere. Il motivo per cui si è comportato così è semplicemente che l’altro si aspettava che se lo togliesse per primo.
Poi racconta di un’altra occasione in cui ha discusso con un ufficiale di Castiglia la Vecchia: il motivo era che l’ufficiale aveva utilizzato, salutandolo, un’espressione riservata a persone di un rango inferiore al suo e dato che lo scudiero era di posizione sociale superiore a quella dell’altro, pensava che il saluto dovesse essere più reverenziale della formula plebea “Dio vi conservi”. Queste ragioni appaiono incomprensibili a Lázaro, che riflette sull’ironia del rifiutare il saluto di una persona che gli augura che Dio si occupi di lui per poi finire nella miseria e senza nessuno che si occupi di lui, nemmeno Dio.
Mentre lo scudiero condivide questi fatti con Lázaro, arrivano un uomo e una donna che chiedono il pagamento della casa e del letto. Lo scudiero chiede loro di aspettare che possa cambiare una moneta di valore maggiore per poter dare a entrambi ciò che gli spetta. Lo scudiero esce appositamente per farlo, ma non torna. Quindi Lázaro va dalle vicine a raccontare di essere rimasto solo e passa la notte a casa loro.
Il giorno successivo tornano le persone a cui lo scudiero deve i soldi e trovano soltanto Lázaro, che ha la chiave di casa. Quando decidono di impossessarsi dei beni dello scudiero, rimangono sorpresi di vedere che la casa è vuota. Cercano di scaricare la responsabilità su Lázaro, perché sperano che lui riveli dove si trovano tutti i suoi possedimenti, ma le vicine intervengono in difesa del ragazzo che ottiene la libertà. Alla fine del Trattato Terzo, Lázaro riflette sull’ironia per cui in questo caso il servo sia stato abbandonato dal padrone e non il contrario.
Analisi
Nel Trattato Secondo si sa fin da subito che Lázaro è finito al servizio di un padrone peggiore. Al contrario, nel Trattato Terzo, per un attimo sia Lázaro sia i lettori pensano che l’incontro con lo scudiero possa portare un cambiamento positivo. Sebbene poi si scopra che Lázaro vivrà in condizioni peggiori, il capitolo offre alcuni momenti di luce in cui si evidenziano la generosità dello scudiero da un lato e la compassione di Lázaro dall’altro. Allo stesso modo, il Trattato offre una radiografia molto più ampia della società dell’epoca perché mostra la situazione storica di due gruppi di emarginati: i mendicanti, che dovranno operare un cambiamento per quanto riguarda il loro posto all’interno della società, e la bassa nobiltà, che vivrà uno spostamento dal centro ai margini della società.
L’opera richiama l’attenzione per il suo realismo: cerca di produrre un ritratto fedele e una critica alla società del suo tempo. Se si confronta questo proposito con gli altri due sottogeneri del romanzo che si coltivavano all’epoca (i romanzi cavallereschi e pastorali) è possibile notare la novità del Lazarillo: i romanzi cavallereschi sono pieni di elementi sovrannaturali ed esotici, quelli pastorali si ambientano in un contesto idilliaco. All’improvviso, nel 1554, nasce un romanzo che dipinge con realismo la vita di un personaggio appartenente allo strato sociale più basso e include una serie di personaggi secondari che compongono la trama sociale del Sedicesimo secolo. Inoltre, guarda alla realtà con occhio critico.
Il Trattato Terzo è particolarmente importante perché attraverso le peripezie di Lázaro si capisce subito quale fosse la situazione dei mendicanti nel Sedicesimo secolo nelle città che iniziavano a ottenere importanza grazie al nuovo sistema sociale ed economico. Dal movimento verso un’economia capitalista nasce la necessità di manodopera e per questo cambia la concezione di povertà: se durante il medioevo il mendicante rivestiva un ruolo sociale non detestabile, i cambiamenti che avvengono a partire dal Sedicesimo secolo cambiano il modo di vedere la povertà e i mendicanti. Alcuni continueranno a godere di una posizione rispettabile, ma altri dovranno adattarsi a un’economia competitiva. Durante il medioevo il povero era soltanto un gradino in più all’interno della struttura a classi sociali, non aveva la possibilità di cambiare la propria situazione attraverso i propri sforzi e, da un punto di vista cristiano, questa tipologia sociale si era già guadagnata un posto in paradiso. Tutto ciò contribuiva a creare un’immagine positiva intorno al mendicante. Allo stesso tempo, la virtù della carità era esercitata da coloro che erano più ricchi all’interno della società e si aspettava che tutti contribuissero ad aiutare i più bisognosi.
Con la crescita delle città come centri economici e con il debilitamento della società rurale, i mendicanti aumentano la propria importanza agli occhi dello Stato. A causa della migrazione dai campi alle città, la quantità di mendicanti cresce enormemente e le autorità devono iniziare a regolamentare le elemosine e istituzionalizzare i mendicanti. Per questo si inizia a distinguere tra il mendicante socialmente riconosciuto e quello di tipo marginale. Questo appare chiaro nel Trattato Terzo, quando Lázaro arriva a Toledo e riceve elemosine senza problemi fintanto che è ferito. Quando guarisce, riceve insulti come “briccone” e “vagabondo”. Gli dicono inoltre di andarsi a cercare un padrone da servire. Dato che è un ragazzo giovane e capace di diventare manodopera, la sua condizione di mendicante non è ben vista. Ciononostante, Lázaro riesce a ottenere elemosine nel corso dell’opera perché si tratta di un’epoca di transizione in cui molte persone erano abituate a fare carità. Inoltre, non va perso di vista che Lázaro è solo un bambino e i bambini erano di frequente mendicanti nelle città e ricevevano aiuti.
Più avanti Lázaro e il suo padrone trascorrono diversi giorni senza mangiare perché è stato emesso un divieto di chiedere l’elemosina a tutti coloro che non sono nati a Toledo. A causa di un brutto raccolto, la città ha accolto tantissimi mendicanti che dalle campagne si sono riversati nelle città e si correva il rischio che il cibo scarseggiasse. L’autore ritrae qui, con assoluto realismo, la situazione dei mendicanti dell’epoca.
Un altro gruppo rappresentato dal narratore in questo Trattato è quello della bassa nobiltà. Il nuovo padrone di Lázaro, lo scudiero, rappresenta quella nobiltà che risulta anacronistica nella città e nel nuovo ordine economico e sociale. Essere nobile nel Sedicesimo secolo non garantiva né la ricchezza né una funzione all’interno della società. Anzi, la nobiltà bassa si trovava in una posizione delicata perché non poteva inserirsi nel nuovo ordine economico (non era ben visto che esercitasse una professione diversa da quella della propria casta e dall’altro lato le rendite non erano sempre sufficienti a mantenere le case). Allo stesso tempo, i valori che i nobili ostentavano venivano dal proprio lignaggio e dalla propria appartenenza a un gruppo, quando all’epoca si iniziava a dare valore agli individui e ai meriti personali.
Per Lázaro è incomprensibile che lo scudiero preferisca soffrire la fame invece che perdere l’onore, ma l’uomo gli dice “Sei un ragazzo, tu, e non sai niente delle faccende d’onore”, frase che dimostra che i due vengono da mondi molto diversi tra loro. Lo scudiero non ha altro da perdere oltre all’onore e per questo vi si aggrappa, mentre Lázaro ha soltanto la sua vita, e quindi si aggrappa a essa.
In ogni caso, l’autore accentua l’assurdità del modo con cui lo scudiero si aggrappa all’onore mostrando le terribili e indegne conseguenze del suo capriccio. Nonostante sia ben vestito, le donne che cerca di conquistare lo rifiutano perché percepiscono la sua difficoltà, la sua casa è vuota e sporca così come il suo letto. L’uomo cerca di evitare la vergogna davanti a Lázaro, ma lui deve sempre dargli parte delle sue elemosine. Alla fine, lo scudiero si trova costretto a fuggire perché non può pagare né la casa né il letto. Ma il momento in cui la critica è più chiara, è quello in cui Lázaro dice: “O Signore, quanta gente di questa fatta avete sparsa per il mondo, che sopporta per quella dannazione che chiamano onore quel che non sopporterebbe per Voi!”.
Nonostante le dure critiche sociali di questo capitolo, ci sono anche alcuni aspetti emotivi che portano il lettore alla compassione. Da un lato, questo è il primo padrone che Lázaro considera degno di servire, se solo non vivesse in condizioni di miseria. Inoltre, a Toledo Lázaro riceve l’aiuto dei cittadini grazie alle elemosine, alle vicine che gli danno da mangiare e alla fine lo difendono e anche grazie allo scudiero che, quando ha qualcosa, la condivide sempre con lui con grande generosità. Per questo motivo, in opposizione al Trattato Secondo, la critica sociale non parte in questo caso dall’esperienza personale per poi estendersi alla collettività, come accaduto con il prete, per cui Lázaro non capiva se l’avarizia fosse una caratteristica personale o acquisita con l’abito talare. Lo scudiero non è crudele né avaro, ma una mera vittima di un sistema antiquato. Il fulcro della critica, quindi, è il sistema che obbliga alcune persone a mendicare e ingannare per vivere e d altre a dare più valore all’onore che a Dio e alla vita stessa.